sabato 8 luglio 2017

C'E' QUALCOSA CHE NEL POP NON VA...

C'E' QUALCOSA CHE NEL POP NON VA...
HARRY STYLES/HARRY STYLES (2017)
LORDE/MELODRAMA (2017)
SHAKIRA/EL DORADO (2017)

Ecco un'altra novità di "Musicalmaniak":per una volta, QUESTA volta (e poi in futuro si vedrà, dipende da mille fattori), mi spingo ad analizzare non un solo album, ma ben 3 tutti insieme.
Il motivo di tale scelta non è pigrizia, nè mancanza di idee; semplicemente, nella musica come in ogni altro campo artistico, non sempre tutto è rose e fiori e non sempre tutte le ciambelle vengono fuori con il buco. Mi spiego meglio:gli album che troverete in questo piccolo elenco con tanto di commento, semplicemente non meritano un'analisi approfondita, perchè (almeno secondo la mia opinione) non sono dei validi lavori per cui è necessario spendere fiumi di parole. L'ho detto già più volte, e lo ribadisco anche in questa sede:mantenere una passione come questa della musica ad ampio raggio, ascoltando un pò tutti i generi e comprando dischi di tutte le specie, purtroppo costa; costa sia in termini di tempo, che sotto un punto di vista strettamente economico. Quindi, quando entri in un negozio per comprare il cd o il vinile di "quella canzone che ho sentito alla radio e mi è piaciuta molto", bisogna andarci molto cauti:il più delle volte è un album uscito da poco, e alla cassa ti sparano minimo 20 euro. 
Per giustificare una spesa del genere, io credo che ci debba essere più di un perchè; e bisogna andarselo a ricavare sprecando 10 minuti su youtube, su i-tunes (almeno per sentire le preview), su spotify o dove vi pare a voi (purchè sia legale) per farsi un'idea generale di quello che poi si va a comprare; perchè un conto è investire i propri soldi in un buon prodotto che vi durerà nel tempo in termini di ascolti, ed un conto è buttarli via in un disco che ascolterete sì e no 3 volte e poi finirà a prendere polvere sulle mensole (o peggio in qualche mercatino a 5 euro, fra qualche anno). Credetemi, la delusione di aver impiegato male i propri guadagni, una volta tornati a casa, brucia. Il sottoscritto ci è già caduto tante volte, per negligenza, per noncuranza o perchè abbagliato da un singolo o da una confezione accattivante che ti invita a rischiare, pensando di trovarti di fronte ad un nuovo capolavoro o ad un grande ritorno. 
Entriamo nel dettaglio, e i 3 dischi in questione non sono stati scelti a caso, ma sono tre esempi diversi di uscita discografica (un esordio, un comeback dopo un primo album di successo ed un ritorno di un'artista affermata e conosciutissima); gli assegnerò un voto, come faccio sempre, e cercherò di spiegare perchè, a mio avviso, andrebbero lasciati sugli scaffali.


HARRY STYLES - HARRY STYLES (2017)
LABEL : COLUMBIA
FORMAT : DIGITAL DOWNLOAD
Questa è stata una splendida operazione studiata a tavolino:chi è Harry Styles? E' un ex-membro dei One Direction, che già di per sè era la classica boyband (uscita fuori dall'X-Factor britannico) assemblata e lanciata per far impazzire le ragazzine. In passato certe attività hanno anche prodotto degli autentici fenomeni (di cui Robbie Williams è forse il caso più eclatante), ma la legge dei grandi numeri dice che il più delle volte un solista fuori dalla boyband non va poi tanto lontano (vedi le Spice Girls, Tony Hadley degli Spandau Ballet, lo stesso Simon Le Bon dei Duran Duran, Bryan Harvey degli East 17, uno qualsiasi dei Backstreet Boys e chi più ne ha più ne metta). L'ultimo in ordine di apparizione non poteva che essere uno dei 5 One Direction, ed eccolo qui. E quindi, cosa ti fa la Columbia records? Confeziona un disco lanciato da un singolo fortissimo ("Sign of the times" è veramente una gran bella canzone) che alla resa dei conti è solo fumo negli occhi...perchè dopo questo succoso antipasto, che è più di una promessa per un banchetto interessante, non seguono delle portate all'altezza. Il disco si apre con "Meet me in the hallway", che è una ballata acustica. 
E già qui, non ci siamo per niente:perchè aprire un disco così, con un lento, e non con un up-tempo? 
Può essere una scelta stilistica, ma io un azzardo del genere lo accetto da un mostro sacro, non da un esordiente. Chi sei tu per prenderti e concederti certe libertà? "Meet me" è moscia e inconcludente, ma quello che mi ha fatto arrabbiare di più (e non so se sia colpa di Styles, del suo produttore o della Columbia) è la scelta di piazzare come secondo brano "Sign of the times", che è sì  il pezzo forte del disco, è bellissima e riuscitissima ma...indovinate un pò? è un altro lento. Una volta aveva un senso logico la scaletta di un disco, e vi erano delle regole dettate dal buon senso che garantivano una certa alternanza nei pezzi da inserire, e che cercavano di intrattenere,catturare e colpire l'ascoltatore sin dalle prime battute. Non oso immaginare un concerto aperto con 2/3 ballads:sfido un qualsiasi artista a farlo, per vedere la reazione del pubblico (quello obiettivo, non quello che sta lì a pendere dalle labbra dell'idolo di turno). Tornando a noi, "Sign of the times" ha tutti i crismi per diventare un classico:è orecchiabile, ha presa diretta ed un discreto songwriting, struggente e malinconico ("Just stop your crying it's a sign of the times; Welcome to the final show hope you're wearing your best clothes..."). Se proprio si vuole andare a trovare il pelo nell'uovo per questa canzone, è che pecca di originalità; voglio dire, ce ne sono montagne di lenti pop di questa portata, ma è sempre un piacere ascoltarli e quindi non faccio fatica ad immaginarmi nel ripescarla fra qualche anno, per risentirla. Dopo questo colpo messo a segno, l'album torna presto nel suo anonimato:"Carolina" è finalmente un brano un pò energetico e ritmato, ma con dei coretti anni 60 stile Beach Boys (anche se per dirla tutta ricordano esattamente il grande classico "Mr.Sandman", originariamente inciso dalle Chordettes) totalmente fuori contesto, e lascia spazio dopo 3 minuti e mezzo ad un altro lento, intitolato "Two ghosts", ovvero la brutta copia di "Sign of the times", nè più nè meno. E' appena orecchiabile, ma piuttosto piatta e priva di mordente, la classica traccia che io salto a piè pari in un qualsiasi cd. Arriva poi "Sweet creature", il cui titolo mi ha preoccupato sin dall'inizio:ho pensato subito ad una nenia buonista tipica di "Twilight" o tratta da qualche telefilm americano per ragazzi (tipo "One tree hill"); e infatti, come volevasi dimostrare, non si discosta più di tanto dal tema. Se questa deve essere una dichiarazione appassionata di amore verso una lei, apriti cielo. 
L'abum va avanti così, imperterrito e monotematico senza grossi scossoni:alla fine le uniche cose decenti che propone sono il rock settantiano di "Only angel", pezzo radiofonico (che scommetto quello che volete, sarà il secondo singolo) anticipato da un intro meravigliosa, e la Kravitziana "Woman", la quale se non altro propone un cambio di registro con la sua andatura sincopata e accompagnata da un interessantissimo giro di basso. "Kiwi" è un rock inutile e scialbo, chiaramente un riempitivo per raggiungere il numero minimo di tracce per proporre un album, e le restanti "Ever since New York" e "From the dining table" altro non sono che riproposizioni degli stessi temi dei pezzi precedenti, con quest'ultima che è veramente lagnosa e pallosa. Il cd si chiude con all'attivo 10 tracce, delle quali se ne salvano 3 per rotto della cuffia. A tutto ciò, non posso non aggiungere la presa in giro della Columbia, che distribuisce il disco in tre formati, dei quali 2 in cd:standard e deluxe. Con la deluxe, al prezzo di 3 euro in più, vi portate a casa un libretto fotografico di 32 pagine che immortala Styles in varie pose, e zero bonus tracks. Un affare, in tutto e per tutto. Ho detto la mia, e credo che il voto che vado a mettere è stato ampiamente giustificato; eppure sappiate e tenete bene a mente che questo album è stato al primo posto della classifica di ben 9 paesi, USA e UK compresi. 
VOTO : 4,5/10   
BEST TRACKS : "Sign of the times", "Woman", 
"Only angel".



LORDE - MELODRAMA (2017)
LABEL : LAVA/REPUBLIC RECORDS
FORMAT : DIGITAL DOWNLOAD
Fresco fresco di stampa mentre sto scrivendo, è arrivato il secondo lavoro della cantante neozelandese Lorde, seguito dell'acclamatissimo "Pure heroin" del 2013 che l'aveva lanciata con il singolo "Royals". Il secondo album è sempre una prova difficile e complicata, specie dopo un esordio fulminante e di grande riscontro sia a livello commerciale che di critica. La copertina affascinante, e il fatto che considerassi Lorde più di una semplice artista "one shot", mi ha incuriosito e così ho ascoltato questa sua seconda opera. E purtroppo, il resoconto che vado a scrivere è molto, molto negativo. Mi dispiace doverlo dire, ma su lavori del genere io non perdono:sono da evitare come la peste, e non meritano di certo l'acquisto. In questo album non riesco a trovare davvero niente di positivo, nonostante con coraggio lo abbia riascoltato 2 volte per intero prima di esprimere un giudizio. Il singolo che anticipato l'uscita di questo "Melodrama" (nel vero senso della parola) si intitola "Green light", e nonostante provi in tutti i modi ad essere trascinante e rimarcabile, con un ritmo abbastanza convincente ed un ritornello con tanto di giro di pianoforte in stile latino-americano, non riesce a fare presa e risulta piuttosto stucchevole e forzato. Quello che dovrebbe essere il secondo singolo, "Perfect places" è forse l'unico pezzo che salverei veramente, se non altro perchè si ascolta con un certo piacere. Adesso. Domani, è tutto da vedere; perchè ho il fondato sospetto che tra qualche mese già lo avrò dimenticato. La cosa tragicomica di tutto ciò, è che per ascoltare "Perfect places" bisogna arrivare alla fine del disco, perchè è l'ultimo brano in scaletta; prima di esso, il nulla. O quasi. "Sober" è semplicissima, e quasi mi aveva fatto sperare in qualcosa di buono:l'atmosfera che crea è piuttosto originale, l'arrangiamento è ben sviluppato e se non altro, non è una traccia scontata. Però lascia un retrogusto di incompiuto, di inespresso. "The Louvre" è al limite dell'ascoltabile, perchè parte piano su degli arpeggi di chitarra, poi cerca di svilupparsi tra batteria sintetica e tastiere senza partire mai. Diventa un pezzo aritmico, confusionario e troppo ripetitivo. "Liability" (riproposta una seconda volta più avanti nel disco, come "part II" che in realtà e un filler per fare numero) è una ballata per pianoforte come tante, con l'aggravante di non avere nulla che la distingua, neanche il ritornello (che in realtà, a conti fatti, neanche c'è). Anche qui, il problema di mettere 3/4 lenti uno dopo l'altro è un difetto che non è stato contemplato minimamente in fase di produzione, e quindi il rischio è quello di fare strike:non te ne piace una, non te ne piace nessuna. E con "Melodrama" i birilli vanno giù che è una bellezza:"Hard feelings/Loveless", "Writer in the dark" e "Sober part II/Melodrama" (già, c'è anche una "Sober" parte II, viva la fantasia) sono tutte troppo lente, troppo noiose, troppo pesanti da ascoltare tutte insieme. Quando stai ascoltando un disco e ti alzi, vai a prendere da bere, ti risiedi, ti chiedi quando finisca il brano che sta suonando, leggi cosa dovrai sentire dopo sfogliando a caso pagine che riguardano l'artista e non presti più l'attenzione dovuta alla musica, c'è per forza qualcosa di grosso che non va. L'album ti concede una tregua con il synth-pop di "Supercut", che se non altro ha vita e ritmo ma anche un refrain stupidino e "vuoto", e quando arriva "Perfect places" ti accorgi che, grazie al cielo, è arrivato alla fine. Se non altro, chiude in modo decoroso una buona mezz'ora passata ad ascoltare un poppettino da quattro soldi, lontano anni luce da un lavoro quantomeno discreto, e imparagonabile ai grandi classici del genere. 
VOTO : 3,5/10
BEST TRACKS: "Perfect places"


SHAKIRA - EL DORADO (2017) 
LABEL : SONY LATIN/RCA
FORMAT : DIGITAL DOWNLOAD
Ho deciso di inserire come terzo esempio di "qualcosa che non va", il lavoro di un'artista affermata e che ha già avuto un enorme successo in tutto il mondo. Basti pensare alla storica "Whenever wherever", e alle riuscitissime "Loca", "Objection", "Las de la intuicion", "Don't bother" per capire la portata di Shakira in una carriera ormai ventennale disseminata di successi. Il suo è diventato uno stile riconoscibilissimo, tra raggaeton e ritmi latinomericani trascinanti e facilmente memorizzabili:il merito di creare un genere "iconico" è senza dubbio enorme. Sia ben chiaro, non si parla di capolavori assoluti, ma di musica fruibile per le masse e che nel bene o nel male ti ritrovi a fischiettare e a canticchiare, e che quando parte in discoteca ti fa ballare con piacere e fa divertire la gente. Il nuovo lavoro "El Dorado" ricalca gli stessi clichè del passato, senza aggiungere niente di nuovo ad una proposta che sa già di scontato e che ha un pochino, al giorno d'oggi, rotto le scatole. Questa è una prima pecca, ma non l'unica dell'ultimo disco di Shakira. Disco che si apre con "Me enamorè", che dovrebbe essere uno degli highlights dell'album, ed invece è l'ennesima versione in salsa raggaeton di una delle tante canzoni a tema shakiriano del passato. Piuttosto piatta, quindi, eppure me lo aspettavo:se non altro, è nel suo stile e almeno Shakira sa aprire un disco con qualcosa che ti tiene sveglio. Il secondo pezzo, "Nada" è apprezzabile perchè la melodia è valida, si lascia ascoltare e non sfigura in album che più pop di questo non può essere. "Chantaje" è la prima proposta accompagnata dall'artista colombiano Maluma (che prima d'oggi non sapevo chi fosse...ora so che è l'attuale compagno di Ricky Martin) e nonostante le strofe accattivanti, pecca nel ritornello piuttosto anonimo e troppo uniforme a tutta la canzone. E' lo stesso difetto che hanno tantissime canzoni sudamericane e raggaeton, e mi rendo conto che è una caratteristica di quel tipo di composizioni oltre ad essere lo stile a cui si attengono in molti:proprio per questo brani così, presi da soli, si ascoltano volentieri, mentre un album intero ti fa venire il latte alle ginocchia. Maluma lo ritroveremo poi nel lento "Trap", che è un pezzo tipicamente R&B che appare un pò fuori contesto in un album del genere. "When a woman" è forse il pezzo più radiofonico dell'intero disco, ed è un mid-tempo apprezzabile ma che stanca facilmente. L'ho inserita in un paio di playlist delle mie, ma è durata pochino e in meno di un mese è stata rimpiazzata senza remore. Questo è il secondo grosso difetto di "El dorado", nel suo complesso:la scarsa presa che hanno un pò tutti i pezzi sull'ascoltatore. Premi il tasto "play" e qualcosa ti piace per forza, ma poi ti stanca, e finisce che tutte le volte che devi scegliere qualcosa da suonare, preferisci altro. E quell'album muore lì, senza che tu ne senta la mancanza, senza che tu ne ricordi un singolo brano. 
Le canzoni più riuscite sono senza dubbio "Coconut tree", che ha dalla sua il forte appeal melodico e commerciale, e "Comme moi" interpretata con il rapper francese Black M (riproposta poi come bonus track in lingua inglese, dal titolo "What we said"). "Comme moi" campiona il classico colombiano "La colegiala" (se non sbaglio, negli anni '80 era la canzone che veniva usata nelle pubblicità del caffè Kimbo), e l'accostamento è vincente:se non altro, offre un'identità ben definita al pezzo, un qualcosa che a differenza degli altri lo distingue e lo farà ricordare, il che non è roba da poco.
Del resto, se ne può fare tranquillamente a meno; considerato che il disco precedente, intitolato semplicemente "Shakira" ed interamente cantato in inglese non aveva riscosso enormi consensi, la cantante e ballerina di Barranquilla ha deciso di giocarsi le sue carte in lingua madre, offrendo qui e lì una versione "internazionale". Detto in parole povere, ha deciso di non rischiare e di rimettersi in gioco puntando sul sicuro. Per quanto mi riguarda, mettiamola così:qualche brano di "El dorado" meriterà altri ascolti questa estate, ma considerata la scarsa superfice libera per nuovi dischi nei miei scaffali, la "stagionalità" dell'album e l'altissima probabilità che finisca nel dimenticatoio, per l'acquisto stavolta preferisco saltare il giro e tornare al punto di partenza, in cerca di qualcosa per cui valga veramente la pena fare spazio.

VOTO : 5,5/10
BEST TRACKS : "Comme moi", "Coconut tree", "Nada".

(R.D.B.)


 

Nessun commento:

Posta un commento