domenica 20 agosto 2017

RECENSIONE:TARJA TURUNEN - THE SHADOW SELF (2016)

TARJA TURUNEN - 
THE SHADOW SELF (2016)
LABEL : earMUSIC
FORMAT : 2 X CD DELUXE EDITION







Se non avete mai sentito la voce di Tarja Turunen...beh, fermatevi qui:smettete di leggere ed andate immediatamente a procurarvi almeno un suo disco. E magari, già che ci siete, anche uno dei primi 4 dei Nightwish, il gruppo di cui ha fatto parte e di cui è stata leader per circa un decennio, dal 1996 al 2005. 
Questa cantautrice finlandese, dalla formazione classica, con tonalità da soprano e interprete metal (non sono impazzito, giuro!), è quanto di meglio si possa chiedere di pescare negli scaffali di dischi, ma anche un chiaro esempio di come, artisti di una portata enorme possano essere relegati ad un singolo genere di nicchia, e rimanere sconosciuti ai più.
I Nightwish lo hanno sfiorato il colpo grosso:con l'album "Once" del 2004 e il successivo tour mondiale, sembrava essersi aperto davanti a loro un portale dai confini illimitati; ma per ragioni che non sto qui a disquisire, la strada del gruppo e quella della loro leader si è divisa. I Nightwish da allora, non sono stati più gli stessi, hanno cambiato almeno un paio di volte vocalist ed inevitabilmente hanno perso smalto e seguito. Tarja, invece, ha continuato il suo percorso a cavallo tra il power-metal e la musica classica, con chiare componenti operistiche e folk. Lo ha fatto in modo egregio, ricalcando spesso i tratti dell'ex gruppo ma concedendo - come è ovvio che sia - ulteriore rilievo alla sua splendida voce. "The shadow self" è il settimo lavoro dell'artista finlandese, ed è, per certi versi, uno dei migliori lavori che ha prodotto dal suo esordio "My winter storm", di cui sviluppa e matura diverse tematiche esistenziali, e dal quale riprende ispirazione e strutture melodiche.
Anticipato due mesi prima dell'uscita da un succoso assaggio intitolato "The brightest void", graditissimo regalo ai fans poichè con le sue 9 tracce è molto più di un E.P., "The shadow self" prende il titolo da una citazione di Annie Lennox, e, come spiegato da Tarja stessa, dall'idea di "rappresentare il lato oscuro che ognuno di noi si porta dentro; ognuno lo ha, ed in particolar modo noi artisti, che attingiamo molto da questa parte nascosta del nostro animo".
Con i suoi lavori, Tarja ha la capacità di trasportare l'ascoltatore in un mondo fatato, magico, lontano anni luce da quello reale; é una caratteristica da sempre costante in ogni sua opera, ed è in quest'ottica che va analizzato anche questo disco:la voce, meravigliosa e capace di toccare registri unici in questo genere, abbinata a sonorità orchestrali di pregevole fattura, dona vita ad un mondo dove la bellezza è la regina incontrastata, la malinconìa un sentimento persistente, e l'elemento fiabesco un ingrediente fondamentale. E così, passando attraverso una porta magica che si affaccia in una realtà diversa dalla nostra, ti rapisce per un'ora e ti fa dimenticare dell'ambiente circostante, proprio come un libro che ti piace e ti appassiona, o come un dipinto che ti fa soffermare su dei minuscoli dettagli che raccontano una vita, una storia. In tutto ciò, l'unico appiglio che riporta alla realtà è quello che ti comunica attraverso le sue strofe, mai banali, che rappresentano l'elemento che fa da tramite tra i due mondi. Riaprire questa porta immaginaria per tornare nei luoghi tracciati dalla cantante finlandese è tanto piacevole, ogni volta che ascolti un suo disco, quanto doloroso; perchè sai che prima o poi, quello stesso portale ti ricapulterà nella cruda ed amara realtà.
Posso affermare con certezza che, in ogni caso, valga sempre la pena di intraprendere un viaggio del genere. Perchè in fin dei conti, è proprio questo uno degli elementi chiave di cui un ascoltatore di musica è in cerca:una fuga mentale fatta di emozioni, sentimenti, ricordi e sogni. Lo stesso ying e yang che Tarja ha tracciato come concept di questo disco (il chiaro/scuro del nostro animo) è rappresentato in modo più ampio dall'esistenza di questi due mondi:quello reale, da cui proveniamo, e quello fatato in cui ci introduce con le sue opere.
E così mi appresto a varcare di nuovo la soglia di questo portale immaginario, e sarò il vostro cantastorie; vi racconterò di un mondo incontaminato e favoloso, dove la natura risplende in tutta la sua bellezza con dei colori vividi, l'orizzonte è l'unico confine di un cielo azzurro, e l'aria è leggera, profumata, fresca; la regina Tarja è la guida e la musa di questa creazione.
A trascinarti attraverso il vortice immaginario ed ammaliante di "The shadow self", ci pensa il pianoforte delicato di "Innocence", che ti prende per mano e ti accompagna per tutta la durata del brano, mostrandoti sin dalle prime battute l'ambientazione di questo universo parallelo, ed i luoghi dove Tarja condividerà una parte di sè stessa:
"You're not alone below the moon
All of us wait, for moment's gone too soon
You and me, breathe, to ignore the reason
Freedom, scream again
Inside of me, doors will stay open
A thousand lives to live
Waiting like universes do without an end
Love break into my innocence
Innocence, innocence, innocence
Innocence, innocence..."
"Dentro di me le porte resteranno aperte, migliaia di vite da vivere, da aspettare come gli universi che non hanno fine, amore che irrompe nella mia innocenza..." è il manifesto con cui la regina ti offre ospitalità nel suo regno incantato, dove questa sonata tecnicamente impeccabile prende vita e forma.
E' un inizio delicato, un pò come tutta la prima parte dell'album, che cresce diventando più energico e trascinante traccia dopo traccia fino a tornare tranquillo e sognante, come un'onda che si carica, si infrange su uno scoglio e si lascia ricadere nel suo mare. Il break a metà brano è un qualcosa di veramente magistrale, gli strumenti svaniscono e lasciano il piano in piena solitudine, a rincorrere note come se fosse sospeso in aria.
Le seguenti "Demons in you" e "No bitter end" entrano nel vivo del leit-motiv del disco, riportando alle sonorità tipiche del power metal dei Nightwish. "No bitter end" in particolare, colpisce per il suo intro delicatissimo (con il pianoforte sempre a dettare l'incipit atmosferico), inghiottito quasi subito dalle chitarre e dalla voce di Tarja, volutamente in contrasto con la base musicale. Il ritornello orecchiabile e ben strutturato ha fatto sì che divenisse il brano di punta dell'intero progetto, scelta peraltro azzeccatissima.
L'entrata in questo mondo affascinante lascia storditi, per le mille sfaccettature che il tessuto melodico, creato su misura per la voce di Tarja, offre; quando però ci si addentra nel cuore dell'album, quel disorientamento diventa meraviglia:una sopresa improvvisa, completamente inaspettata, è la cover di "Supremacy" dei Muse, che vede Tarja raggiungere dei picchi vocali pazzeschi. L'interpretazione originale di Matthew Bellamy (presente sull'album "The second law") era già riuscitissima ed obiettivamente era un compito abbastanza complicato fare di meglio. "Supremacy" è una canzone che ben poche voci possono permettersi di cantare, e se qualcuno poteva accostarcisi con naturalezza, ed offrirne una versione all'altezza, questa forse non poteva che essere l'artista finlandese. L'originale resta sempre superiore a questa riproposizione, ma ascoltarla in quest'ambito più rockeggiante ed a tratti più possente ha comunque il suo fascino, oltre a dimostrare la capacità di estensione vocale della bravissima interprete.
Idealmente, "Supremacy" è il passaggio definitivo con cui "The shadow self" cattura l'ascoltatore:è un sentiero che si staglia nel mezzo di un prato sconfinato; ed è qui che Tarja diventa guida spirituale del viaggio:i fiori, gli alberi e il tripudio di colori circostanti (ovvero la varietà stratificata delle melodie) diventano solo un elemento di contorno, la cui strada porta dritti al cuore del disco, ed al suo capolavoro, intitolato "The living end".
Introdotta da arpeggi di chitarra acustica, questa magnifica canzone vive e respira ancora una volta grazie alle note di pianoforte, che si fondono con la voce di Tarja in un susseguirsi spettacolare fino all'apertura del ritornello, in cui subentrano batteria e cornamuse:
"...Is the song that's forever
There's no need to surrender
Here with you now
Lights in the air
Devoted
No yesterday
Dying to live this moment
Growing stronger, taking over
Truth in your eyes,
See through my heart
It's open
Make me believe
Gives life to the path I've chosen..."
Nonostante le difficoltà, i periodi oscuri che la vita reale ci pone di fronte, Tarja dice di dimenticare il passato ("No yesterday"), che non c'è bisogno di arrendersi ("There's no need to surrender"), e che c'è sempre una persona (o un elemento della nostra esistenza) che, aprendoci gli occhi e vedendo attraverso il nostro cuore, è capace di dare un senso alla strada intrapresa ("gives life to the path I've chosen"). Dopo 3 minuti intensissimi, in chiusura la canzone torna lentamente sul registro iniziale, creando una sorta di "quiete dopo la tempesta" assolutamente ad effetto.
"The living end" vale, da sola, l'acquisto del cd:se nell'immaginario paesaggio in cui ci siamo addentrati il fascino è derivato da tutti gli elementi descritti fino ad ora, questo pezzo ne sarebbe la costruzione più imponente, il castello costruito nel mezzo, che si erge sul panorama mozzafiato.
Ma il viaggio di "The shadow self" non termina qui:c'è spazio per altre emozioni, con "Diva", pezzo che sembra provenire direttamente da un film di Tim Burton; stavolta, la struttura musicale classica si abbina a degli elementi circensi, dando un tocco di originalità in più ad un brano che altrimenti sarebbe stato troppo simile a "I walk alone", splendido episodio dell'album di esordio "My winter storm". Nel complesso, pur essendo uno dei passaggi meno riusciti dell'intero disco, funziona da ottimo ponte verso la parte finale del disco, composta da un trittico d'eccezione di assoluto livello:"Eagle eye", "Undertaker" e "Calling from the wild" sono delle cavalcate melodiche da antologia, avvolgenti ed incalzanti. In particolare, "Undertaker" è quella che spicca di più per il suo armonioso impasto di sonorità gotiche, metal ed operistiche che ricordano da vicino una suite da colonna sonora; le strofe, semplici e dirette, si dipanano una dopo l'altra fino al ritornello dove esplodono le chitarre elettriche, che ancora una volta sono solo uno dei molteplici elementi musicali in fase compositiva:
"Bring out to dead
I’ll bury them all
Leave them with me.
Dress them in silk
Black as the night
Where no one can see.
Paint them with dirt
Shallow their graves
Silent their names.
Swallowed by earth
Written in dust
Killing the fame...
"

Compare anche una venatura gotica nel testo, che risulta essere il più oscuro dell'intero lotto; si narra di un becchino, che vede svanire vite ("bring out to dead") inghiottite dalla terra ("swallowed by earth"), con tutte le loro storie di vita; corpi che diventano lapidi coperte da polvere ("written in dust") e nomi silenziosi ("silent their names"). In un racconto così serrato, venato di tristezza, è la morte che parla e si rivolge a colui che abbandona i corpi alla loro eternità (si intuisce dal passaggio "Undertaker I am why you came"); la morte infima e portatrice di dolore, esatta rappresentazione delle ombre dell'animo umano.
E' un'amara riflessione che va in netto contrasto con l'atmosfera dell'opera, ma che è purtroppo specchio della realtà:non c'è perfezione assoluta, non esiste gioia senza dolore, nè bellezza senza orrore.
"The shadow self" si chiude con "Too many", lasciando il sapore del viaggio che volge al termine, nel momento esatto in cui ci si ritrova di fronte al portale che ci ricondurrà alla vita reale, e che ci costringerà ad abbandonare questo luogo fatto di sogni ameni ed eterei. La melodia romantica e delicata del pezzo è quasi ipnotica, e non basta la sferzata energica del ritornello a modificarne il climax sognante. Il cd finisce cosí, lo stereo resta silenzioso e la porta del mondo della principessa Tarja si chiude, lasciandoti attonito sulla tua poltrona a fissare la finestra con un senso di vuoto, di qualcosa di lontano, andato. 
In realtà, quella porta non è mai chiusa definitivamente, ma solo accostata:l'entrata in quel regno è sempre a portata di mano (e di lettore cd), basta solo volerlo.
Questi dischi non possono essere etichettati banalmente come lavori "metal":eppure, ovunque vai, se cerchi un disco di Tarja è in quella sezione che la vai a pescare. Questo è un pò il limite che poi non permette ad artisti di tale levatura di incontrare il grande pubblico:ma vi garantisco che rispetto alle carrettate di musica spazzatura che ci costringono ad ascoltare radio e tv ogni giorno, qui siamo su tutt'altro livello; album come questi, che trascendono i generi e che sono suonati e prodotti con l'anima, meriterebbero almeno una volta di essere ascoltati.
Al di là di queste considerazioni che lasciano il tempo che trovano, "The shadow self" è un grande lavoro, forse - come detto in apertura - il migliore dell'intera discografica di Tarja Turunen; perchè qui, più che nei lavori precedenti, è riuscita con maturità e capacità non comuni a dosare in maniera perfetta tutti gli ingredienti delle sue opere del passato; se "My winter storm" era troppo cinematografico, "What lies beneath" forse eccessivamente oscuro, e "Colours in the dark" così carico di inserti tipicamente metal da sembrare una riproposizione sin troppo simile ai cari e (ahimè) ormai andati Nightwish, questo è un perfetto ibrido tra i 3, l'esatto compendio che racchiude tutti gli elementi in egual misura.
La meraviglia, in tutto ciò, resta quella di sapere di avere accesso a dei mondi paralleli che possono distoglierci dalla vita di tutti i giorni.
Con la musica si può e si deve viaggiare, sentendosi liberi di andare lontano con la testa; tenere quella di Tarja a portata di mano, è come avere un mazzo di chiavi che apre diverse porte che si affacciano su realtà lontane e meravigliose. Sono storie raccontate in note. Ed in una realtà troppo cruda ed eccessivamente amara, sono vie di fuga a volte utilissime, e spesso necessarie.

Chiudo questa recensione, riprendendo il cd di "Oceanborn", secondo lavoro dei Nightwish. Questo album contiene, tra le altre, la meravigliosa "Sleeping sun", a cui sono particolarmente legato:mi ricorda una persona in particolare, che all'epoca dell'uscita del cd avevo conosciuto da poco, ma che giá sapevo sarebbe stata parte integrante della mia vita; ricordo ascolti con gli auricolari divisi, imbambolati a guardare un soffitto. O un albero. O un cielo azzurro. Ebbene, quella persona é ancora oggi un perno fondamentale della mia esistenza. Un pezzo di cuore. Oggi, questo pezzo di cuore compie gli anni. Spero un giorno di riuscire a realizzare il desiderio comune di sentire Tarja cantare dal vivo e regalarci questa canzone. Questo pensiero é per te, Giorgia. So che lo leggerai. Buon compleanno! Grazie per esserci sempre.  (R.D.B.)

VOTO : 8/10
BEST TRACKS : "THE LIVING END", "SUPREMACY", "UNDERTAKER","NO BITTER END","INNOCENCE"



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