mercoledì 20 dicembre 2017

RECENSIONE:R.E.M. - AUTOMATIC FOR THE PEOPLE (1992) (25TH ANNIVERSARY BOXSET:2017)


R.E.M. - AUTOMATIC FOR THE PEOPLE (1992)
(25TH ANNIVERSARY BOXSET:2017)
LABEL:WARNER BROS/CONCORD MUSIC'S CRAFT
FORMAT:ANNIVERSARY BOXSET 4 CD+BOOK







"Se fossi costretto a vivere in un'isola deserta, quali dischi porteresti con te?"
Quante volte, in una conversazione spensierata tra amici, abbiamo risposto ad una domanda del genere? 
Ebbene, a me questo dilemma è stato posto più volte in svariati campi, dalla letteratura al cibo, fino ad arrivare al grande amore della mia vita, cioè la musica. E certo, mentirei se vi dicessi che se dovessi scegliere un album, UNO solo, porterei quello che di cui vi sto per parlare; ma se avessi la possibilità di sceglierne....diciamo una decina? ebbene, "Automatic for the people" dei R.E.M. troverebbe senz'altro posto nello zaino (valigetta, bisaccia, lettore mp3 o quel che vi pare) del sottoscritto.
E lo dico davvero senza alcun dubbio, per diversi motivi che piano piano illustrerò. Intanto vi basti sapere che è stato uno dei primissimi cd che ho acquistato, nel lontanissimo 1992, appena uscito; già per questo, porta con sè un mucchio di ricordi legati alle mie prime scoperte musicali. Inoltre, è un album che é stato capace, con almeno un paio di canzoni, di fulminarmi al primo ascolto; le ho letteralmente consumate allora, ed ancora oggi le vado a ripescare ciclicamente. Sono brani, questi, che non mi scrolleró più di dosso. Se a tutto ciò si aggiunge che è unanimamente riconosciuto come uno degli album rock più belli ed influenti degli anni '90, è evidente come il mio gusto personale, questa volta, si vada a sposare con quello di molta altra gente a cui questo disco è entrato nelle vene.
Quest'anno, i R.E.M. hanno celebrato a dovere il 25esimo anniversario dall'uscita di "Automatic", con il box che si vede nella foto, della stessa grandezza di un vinile:stavolta, peró, nessun pezzo di plastica tondeggiante e nero; una volta aperto, nello scatolone ci si può trovare uno splendido libro in copertina rigida pieno zeppo di foto quasi tutte inedite, scattate da Anton Corbijn e Melodie McDaniel tra il 1992 e il 1993, oltre a ben 3 cd ed un bluray, così suddivisi:
  • cd1 - L'album originale
  • cd2 - Live at 40 watts club del 1992
  • cd3 - Demo e work in progress dell'album
  • cd4 - Bluray con l'album in 5.1 ed i video
"Automatic for the people" è l'ottavo disco di Michael Stipe, Peter Buck, Mike Mills e Bill Berry,  uscito nel 1992 a solo un anno di distanza da "Out of time", l'album che li portò al successo planetario grazie anche ad un singolo fortissimo come "Losing my religion", e brani orecchiabili e radiofonici come l'indimenticabile "Shiny happy people". I R.E.M. che si affacciano al nuovo anno, sono quindi una band sulla bocca di tutti e sulla cresta dell'onda, ed il successore di "Out of time" non tarda ad arrivare.
"Automatic" nasce, infatti, dalle stesse sessions del suo predecessore, ma sotto una stella diversa, portandolo ad esserne tutto l'opposto; "Out of time" era un album solare, a tratti leggero e fondamentalmente gioioso, seppur con il classico retrogusto dolce-amaro tipico della band di Athens e del songwriting di Stipe. Contrariamente a quello che ci si poteva aspettare, il suo seguito é invece cupo, malinconico nelle sonoritá e molto piú riflessivo nei testi. É un cambiamento radicale e per certi versi spiazzante, preannunciato giá dalla stessa copertina, dove le tonalità non sono piú colorate ma nere e grigie; quell'ornamento a stella che in realtà è il vecchio logo presente (anni fa) sul cartello del Sinbad Motel di Miami, adiacente alla sala di registrazione del gruppo, venne scelto perché inizialmente l'album doveva chiamarsi "Star". Quando il titolo venne cambiato in "Automatic for the people" (motto di un ristorante della Georgia), i R.E.M. decisero di non intaccare l'aspetto grafico della cover, e la fotografia rimase la stessa:in effetti, c'è da dire che questa scelta rappresenta in modo emblematico l'aspetto più intimo e malinconico dell'intero disco.
L'opener, "Drive" è lo specchio di quel che poi é tutto l'album:introdotta da semplici arpeggi di basso, in tonalità discendente, ed accompagnata dalla chitarra acustica di Peter Buck, è claustrofobica ed introspettiva; le vocals evocative di Michael Stipe le danno, inoltre, un tocco solenne. "Drive" è anche il compimento del percorso poetico ormai maturo del leader della band, che qui più che in passato affina il suo modo di esprimere in modo ermetico e criptico dei concetti solo apparentemente poco comprensibili.
Ad un'analisi superficiale, interpretare il senso di "Drive" non è per niente facile; però, dietro le parole slegate, è celato senza dubbio un messaggio politico ed anche sociologico, rivolto ai ragazzi ("Hey, kids, Rock'n'Roll") che devono essere più padroni del loro destino e prendere in mano la propria vita ("Nobody tells what to do"); il continuo ripetere "Tick tock" può lasciar intendere il passare del tempo, effimero, con gli anni della gioventù che sfuggono velocemente, portandoci improvvisamente ad essere adulti:le possibilità si restringono, le strade da scegliere diminuiscono e tutte le opzioni che si hanno da ragazzi, i "What if" (i famosi "...e se?" su cui è costruito l'intero testo) vengono schiacciati dalle responsabilità e dalla vita quotidiana.
"Smack, crack, bushwhacked
Tie another one to your racks, baby
Hey kids, rock and roll
Nobody tells you where to go, baby
What if I ride, what if you walk?
What if you rock around the clock?
Tick-tock, tick-tock
What if you did, what if you walk?
What if you tried to get off, baby?
Hey, kids, where are you?
Nobody tells you what to do, baby...
"

Mike Mills, ad una specifica domanda sul significato di certe canzoni dei R.E.M. e su "Drive" in particolare, disse:"Non ho idea di cosa significhi realmente; il senso è talmente sottile che può essere interpretabile in modo più leggero, come per la canzone "Stand", od anche analizzato parola per parola. Puoi apprezzare un brano su qualsiasi livello, e mi piace questa cosa perchè, tirando le somme, quello che dice una canzone è solo un dettaglio, ed i testi sono l'ultima cosa che ascolto".
"Drive", oltre ad aprire il disco, ne è anche il singolo di lancio; e sebbene sia un brano di difficile interpretazione ed anche poco commerciale (in radio, all'epoca andò pochissimo e in classifica non riuscì ad entrare nella top 10 della stragrande maggioranza delle classifiche mondiali), è un grandissimo pezzo d'atmosfera, ben strutturato, e seppur ripetitivo mai noioso (quando rischia di diventarlo, irrompe a sorpresa la chitarra elettrica, capace di proiettare la canzone verso lidi decisamente più rock). L'arrangiamento per archi è magistrale, perchè non è mai dominante sulla struttura del brano; va a chiudere ogni linea di basso alla perfezione, arrivando persino a "duettare" con le chitarre in un ensemble efficace ed incisivo. "Drive" è uno dei 4 brani del disco ad offrire questo tipo di rifinitura orchestrale, creata ad arte dal bassista John Paul Jones dei Led Zeppelin (gli altri sono "The sidewinder sleeps tonight", "Everybody hurts" e "Nightswimming"), ed è un richiamo ai precedenti inserti appena accennati in "Out of time" (avete presente "Shiny happy people"?). 
Ultimamente, grazie a youtube ho anche scoperto una performance live del brano in Germania, a Wiesbaden, che risale al 2003:consiglio a tutti di andarla a vedere, anche per apprezzare il carisma di un'artista magnetico come Stipe. Sia questa interpretazione dal vivo, che la versione "demo" che si può ascoltare sul terzo cd del boxset dell'anniversario, sono state capaci di regalarmi gli stessi brividi che provai la prima volta con la versione originale.
Seguendo la linea tracciata da "Drive", "Automatic for the people" prosegue con la triste "Try not to breathe", che racconta i pensieri  di un anziano in fin di vita, soddisfatto per tutto quello che ha avuto ed ottenuto; egli vorrebbe che la persona che gli sta al fianco in questi ultimi istanti, ricordi i suoi occhi ancora vivi ("...And these are the eyes I want you to remember"), prima che decida di trattenere il respiro e lasciare che il suo spirito voli sulla sua tomba ("I need something to fly over my grave again"). Un passaggio chiave del testo, è nella frase "I will try not to worry you", che analizza uno degli aspetti più tristi dell'essere anziani:quello di sentirsi come un peso, un intralcio per chi si prende cura di loro; per quanto ci si sforzi di cambiare loro idea, questa è una convinzione che li accomuna e che raramente si riesce a cancellare.
Terza traccia del disco, è "The sidewinder sleeps tonite", che interrompe per un momento l'atmosfera greve creata dai due pezzi iniziali. "Sidewinder" è infatti quanto di più vicino a "Out of time" i R.E.M. potevano proporre, ed è una momentanea fuga dalla tristezza generale di cui è farcito questo lavoro del gruppo.
Peter Buck, a riguardo, disse:"Abbiamo inserito questa canzone per spezzare l'umore prevalente dell'album, che è liricamente fondato su temi come la mortalità, il suicidio ed il passare del tempo; sentivamo che c'era bisogno di un punto di luce". 
"The sidewinder sleeps tonite" è anche uno dei pochi pezzi veramente rock dell'album, ed è orecchiabile quanto basta per essere stato preso in considerazione come terzo singolo; il successo riscosso è la chiara dimostrazione di quanto la melodia sia trascinante ed indovinata. 
La quarta traccia offre un altro highlight rilevante:"Everybody hurts", che oltre ad essere riconosciuta più o meno da tutti come una delle più belle ballate rock di sempre, è intima, struggente e capace di entrarti nel cuore con la sua semplice profondità. Costruita su un arpeggio di chitarra acustica, successivamente impreziosito da un tappeto d'archi favoloso, la canzone è un inno contro il suicidio che, con le sue parole, cerca di infondere coraggio a chi si sente deluso ed affranto dalla vita; è un grido coraggioso di resistenza al dolore, alla depressione ed al malessere di chi sente di non farcela, con Stipe che sul finale ripete ossessivamente "hold on" ("Resisti"). L'entrata della chitarra elettrica a metà del brano è magistrale, da pelle d'oca, mentre le parole "don't throw your hand" sovrastano il muro del suono creato dalla band, a riprova di un brano splendidamente realizzato ed interpretato:
"When the day is long
And the night, 

the night is yours alone
When you're sure 

you've had enough
Of this life, well hang on
Don't let yourself go
'Cause everybody cries
And everybody hurts sometimes
Sometimes everything is wrong
Now it's time to sing along
When your day is night alone 

(Hold on, hold on)
If you feel like letting go

If you think you've had too much
Of this life, well hang on
'Cause everybody hurts
Take comfort in your friends
Everybody hurts
Don't throw your hand, oh no
Don't throw your hand
If you feel like you're alone
No, no, no, you are not alone...
"

Il video, diretto da Jake Scott, è stato girato a San Antonio, in Texas, e mostra un'autostrada congestionata da un ingorgo mentre da un cavalcavia Stipe dissemina le pagine di un libro. Scorrono quindi i volti muti delle persone che occupano le numerose autovetture:alcuni sottotitoli, molto suggestivi, alternano parole del testo a passaggi della Bibbia, e rappresentano i pensieri reconditi della gente nelle auto, tutti accomunati da stati d'animo chiaramente negativi. Con il sopraggiungere del finale, nel preciso istante in cui Stipe intona "hold on", tutti i viaggiatori scendono con calma dalle loro macchine e si incamminano, senza una meta apparente ma con passo lento ma deciso, per poi sparire senza lasciare traccia. 
É un gesto semplice, che rappresenta una reazione:non una rinascita definitiva, ma un cambiamento. E' senza dubbio un video ad effetto che ben rappresenta, metaforicamente, il malessere che molti si portano dentro e che diventa un circolo vizioso costante con cui fare i conti giorno dopo giorno. Lo splendido messaggio è carico di speranza, sia nella canzone stessa che nel video.
Nel box celebrativo, sempre sul terzo cd, è presente un bellissimo sguardo al "dietro le quinte" della creazione di questa canzone:celato sotto il nome di "Michael's organ", il work in progress vede lo stesso Stipe alla tastiera, intento ad accennare appena il testo (evidentemente ancora non pronto). Sono piccole gemme, queste, che non fanno altro che impreziosire la storia di un pezzo che amiamo in modo particolare, oltre a farcelo vedere sotto un'altra ottica senz'altro più umana, più vera.
Le successive "Sweetness follows" e "Monty got a raw deal", pur essendo degli episodi minori del disco, non si discostano dalle cupe tematiche che pervadono l'intero "Automatic for the people":"Monty got a raw deal" in particolare, è dedicata all'attore Montgomery Cliff, attore degli anni 50, che non riuscì più ad ottenere contratti dopo aver reso pubblica la sua omosessualità. Musicalmente, "Monty" può sembrare più leggera, ma l'aspetto malinconico si percepisce chiaramente nelle persistenti tastiere che guidano l'intero brano. "Sweetness follows" invece, parla della morte dei genitori, ed è intensa e molto più vicina come sonorità (ma anche come tematiche) a "Try not to breath".
Una sferzata di rock rabbioso arriva con "Ignoreland", attacco aperto alla presidenza Reagan ed all'allora presidente Bush padre ("TV tells a million lies. The paper's terrified to report
anything that isn't handed on a presidential spoon" - "La tv dice milioni di bugie, ed i giornali hanno paura di riportare tutto ciò che va contro il presidente"). E', questa, una tematica ricorrente nei lavori dei R.E.M., già affrontata in passato con la canzone di denuncia "It's the end of the world as we know it" e ripresa poi più avanti con "Bad day". La voce di Stipe, carica di effetti al limite della distorsione, si scaglia senza pietà contro il malgoverno inanellando una frase dopo l'altra, denunciando un sistema malato e pilotato creato dal popolo stesso. Le cose non cambieranno, ma l'averlo gridato fa già stare meglio ("No solution, spleen-venting. But I feel better having screamed. Don't you?").
"Star me kitten" è, forse, il brano più debole dell'intero disco:non inascoltabile, ma statico ed a tratti noisetto; nel complesso, è solo una piccola pausa prima della chiusura esplosiva (e preso così, risulta essere senz'altro più accettabile). Lo seguono, infatti, "Man on the moon", "Nightswimming" e "Find the river", un trittico di altissimo livello che garantisce una chiusura di tutto rispetto ad un album che rasenta la perfezione.
"Man on the moon" rappresenta un pò tutto l'universo musicale dei R.E.M.:acustica, e per questo delicata, ma con una melodia vincente che cresce fino al ritornello arioso e di grande impatto.
Ricordo che ad un primo ascolto non rimasi particolarmente impressionato, ed anzi, rimasi persino stizzito quando venni a sapere che era stata scelta come secondo singolo; evidentemente all'epoca ero ancora un ragazzo poco esperto, e non avevo colto la scarna semplicità del brano, che abbinata ad una chiara impronta country/rock aveva, già allora, tutti i crismi per diventare un classico del genere. Col tempo, si sa, si rivalutano tante cose, o semplicemente le si guardano da un punto di vista diverso (o si ascoltano con un orecchio diverso). Ho dovuto, gioco forza, rivedere il mio giudizio affrettato:volta dopo volta, "Man on the moon" è diventata fondamentale ogni volta che ho voglia di suonare qualcosa di Stipe e soci. L'averla bistrattata, equivale ad aver preso una cantonata colossale per il sottoscritto. 
Il testo ricorda molti elementi degli anni 70, e della gioventù di quell'epoca:vengono citati i "Mott the Hoople", i giochi "Twister" e "Risiko", Elvis (immancabile) e soprattutto Andy Kaufman, attore comico piuttosto trasgressivo dell'epoca, a cui è rivolta e dedicata la canzone:
"Mott the Hoople 
and the game of Life
yeah, yeah, yeah, yeah
Andy Kaufman 
in the wrestling match
yeah, yeah, yeah, yeah
Monopoly, Twenty one, checkers, and chess yeah, yeah, yeah, yeah
Mister Fred Blassie in a breakfast mess
yeah, yeah, yeah, yeah
Let's play Twister, let's play Risk
yeah, yeah, yeah, yeah
I'll see you in heaven if you make the list
yeah, yeah, yeah, yeah
Now, Andy did you hear about this one?
Tell me, are you locked in the punch?
Andy are you goofing on Elvis? Hey, baby
Are we losing touch?
If you believed they put a man on the moon
Man on the moon
If you believe there's nothing up his sleeve
Then nothing is cool..."
"Man on the moon" è, al pari di "The sidewinder sleeps tonite", una delle proposte più solari in un album complessivamente criptico ed introspettivo; giunge poco prima della chiusura, che riprende le tematiche principali, e va annoverata di diritto tra gli episodi più riusciti non solo dell'intero "Automatic for the people", ma dell'intera carriera dei R.E.M.
"Nightswimming" invece, è una delicatissima ed intensa ballad per voce e pianoforte, costruita su ricordi di gioventù, su quanto sia facile da ragazzi fare cose che altrimenti, da adulti, non si farebbero mai; un tipico esempio? nuotare nella notte in un lago:
"Nightswimming deserves a quiet night
The photograph on the dashboard
taken years ago,
turned around backwards
so the windshield shows.
Every street light reveals a picture in reverse
Still it's so much clearer
I forgot my shirt at the water's edge
The moon is low tonight
Nightswimming deserves a quiet night
I'm not sure all these people understand..."
Chiude uno dei dischi più belli degli anni '90 "Find the river", di cui Mike Mills offre un curioso aneddoto in un'intervista a Melody Maker:"Io e Bill (Berry) abbiamo deciso di incidere le armonie di "Find the river" senza ascoltarci a vicenda:ne è venuto fuori un groviglio interessante tra arpeggi tirati e più amatoriali, che si sono uniti alla perfezione nel mixaggio finale". 
La melodia su cui è costruita la canzone è sicuramente d'effetto ed evocativa, accompagnata da uno splendido giro di tastiera (molto simile ad un fisarmonica), che gli dona una sfumatura tra il folk e il country. Il testo invita a soffermarsi sulla bellezza del mondo che ci circonda, e quel "trovare il fiume" in realtà è un modo di dire per invitarci a trovare la nostra strada ("Me, my thoughts are flower strewn, ocean storm, bayberry moon I have got to leave to find my way...").
L'edizione deluxe del 25esimo anniversario uscita poche settimane fa, è un ottimo riassunto ed una degna celebrazione di quello che è stato "Automatic for the people" e che continua ad essere:un grande album, ed un classico senza tempo.
La band di Athens ha, successivamente, tirato fuori altri lavori di notevole spessore ("New adventures in Hi-Fi" per esempio,è un diretto discendente di questo lavoro, ma anche "Monster" ed "Up" , per quanto diversi, sono degli ottimi dischi). La combinazione di brani inseriti in questo "Automatic for the people", però, e l'alchimia creatasi tra tutti i membri del gruppo è un qualcosa che appartiene solo a questo capolavoro.
E' un disco di cui ogni amante del rock non può e non dovrebbe fare a meno. Perchè nonostante la nube grigia che lo avvolge, fa riflettere. Fa sorridere. Fa emozionare. Ed anche nelle sue (poche) debolezze, sa farsi apprezzare. 

VOTO: 9/10
BEST TRACKS:"DRIVE", "THE SIDEWINDER SLEEPS TONITE", "EVERYBODY HURTS", "MAN ON THE MOON", "FIND THE RIVER", "NIGHTSWIMMING".